Manuela
Cerisara è nata a Schio (VI) nel 1965. E' laureata in
letteratura Anglo-Americana. Vive a Schio. Con Apuntozeta ha
pubblicato la silloge poetica Un nome da stella. Altri
sue raccolte poetiche sono: La casa di vetro, Increspature, La
zona morta, Nato altrove, In un accadere ininterrotto, Al mio cuore
si addice l'inverno.
da: Un nome da stella
ti do un nome da stella
un nome da suonatore di flauto
inventato in una notte ritagliata nel cartone visitata
da una luna di passaggio
occhi color lucido-castagna
ci hai messo così tanto ad arrivare
con le tue piume d’ uccello
col tuo oriente disperato
tra il sibilo del vento e la persiana
un pezzo di luna
preciso sopra la collina
rane desolate perdute
in un sottobosco di stelle
i tulipani scarlatti ora dovrebbero cantare
Postfazione di Un nome da stella
di Sergio Zanone
Un nome da stella
il suono nomade
Nome sonoro, il soffio di un flauto chiama le cose all' esistenza : semplice come la magia dell' infanzia, castelli di fiaba sotto cieli di cartone: Chi cerchi, disperato e voluttuoso Pan? Ecco le cose danzare in-esistenza: al di fuori , l' ecstasi dello sguardo lunare sopra il deserto brulicante di vita: al tuo canto ora , le cose da sotto dovrebbero cantare:
rane desolate perdute
in un sottobosco di stelle
i tulipani scarlatti
ora dovrebbero cantare il liquido colore del mondo; non si scompone, nell' oggi che declinando sorge – così lieve – il caos: nessun cataclisma sconvolge l' asse del mondo: stella muschio nord coincidono. In espansione, in circumnavigazione – nonostante lo smembrarsi della memoria - l' ago inquieto della bussola è un amico fedele, segna il ricordo. Sembrano depositarsi leggeri sul terreno i sommovimenti della notte , al canto dei grilli: nell' attesa, uno sguardo all' orizzonte, una domanda :
Sentinella, quanto all' alba, quanto ancora?
Chi cerchi, disperato Pan? Nell' attesa il tempo si dilata, nel riserbo più assoluto - pudico segreto nello scrigno della notte - il cerchio partorisce , si moltiplica: piovono le parole, deposita la polvere ( di stelle?) sulla tovaglia: lasciala così , non togliere le macchie dal velo del cuore, non toccare il campo dei fiori, qualcosa rimane – una parola scampata alla deportazione - profumata , incolta disperazione e rivoluzione. Sconvolge le cose - salvala dalla falce del contadino , dalla mano del vendemmiatore – erotica, con lei ti sei nascosta tra i solchi del campo. Amore antico, amore esuberante, apri quest' uscio, porta fuori la spesa: quanta luce in così poco nella terra di nessuno, sotto il nero mantello delle cose / la possibilità di aprire stanze : le cose , da sotto il buio dei campi a distesa, cantano – in questa dimora – ci vengono incontro con il loro nome / non si fermano più, scintillano come lucciole sotto il bicchiere , le cose sono lucciole (miracolo delle sinestesie), si capovolge il loro destino:
non c' è regola più violata nel dettaglio
l' imprevisto è previsto, la tragedia puntuale
Dagli archi delle persiane il nome sonoro si espande penetrando gli spazi trasparenti, attraversando tramonti leonardeschi del tempo immemoriale: tutto è forse già avvenuto in questa mensa dipinta , oppure deve ancora accadere? Del Pane e del Vino, di Demetra e di Bacco, lo spazio del ricordo o la loro premonizione ? L' Enigma: Ogni volta che succede però non diventa più chiaro. Nel presente del cuore in cui il rito assorbe la storia, le maschere sono assenti; “il pensiero in quanto effettività di un luogo che si apre alla presenza ... apertura del luogo che dà luogo a ciò che non ha luogo... la presenza offerta a una Visitazione che fa la prova dell' invisibile nel suo materno seno” ( Jean-Luc Nancy) assurge ad emblema cosmico : visitata / da una luna di passaggio – un cambio di luna già scritto – il segno del bacio è più giù – luna incapace di mentire la distanza / va a prenderla, è esausta – a mezzanotte accadevo/ con l' incantesimo di luna e stelle e nuvole. Ha scritto Lévinas : “Tale presenza <dell' Altro> consiste nel venire a noi, nel fare il suo ingresso : il che si può enunciare in questo modo: il fenomeno che è l' apparizione di un Altro è anche viso... l' epifania del viso è visitazione”. «Altro» è «Tu» e verrà a riparare il tetto e la crepa del muro - «Altro» è l' enigma da sciogliere, il principio di preghiera , “la presenza enigmatica , l' enigma di una presenza reale che si piega e si dispiega nel piano della quadro”; il suo incontro con la Samaritana - lo porterò sulla testa come un vaso – attua la liquida restaurazione e fusione della duplicità Io/Tu nell' unità del Sé : che cambia ogni volta / la mia prospettiva dell' esistere ... e persistere persistere ... dolcemente assecondare la fusione / corpo a corpo con il cosmo, parola desueta (attraverso l' erotismo della parola poetica), a pensarci frazione infinitesima e concorde di (un) Altro. Imparare la dimensione liquida e circolare , dilatarsi, espandersi come un cerchio nell' acqua: un onda va dritta al tramonto / va sola– come se non avessi avuto un padre/ come se non avessi avuto una madre – la preghiera:
slegami , libera il significante non “dall” ma nell' esilio:
rendi nomade questo mio nome.
Sergio Zanone
da: La zona morta
Ania ha impastato il pane
la sciarpa di lana sulla testa – i suoi santi sotto lo specchio
il fagotto del pane
il fagotto dei pensieri
la primavera fuori dalla porta,
la primavera in giardino con Sasha
Sasha e la sua stampella le fotografie sul muro
una porta
l’ angelo ha piegato la testa
da quanto non mi parli, Sasha,
da quando ?
da: Al mio cuore si addice l'inverno
Muoiono gli ultimi lampi di temporale,
si smorzano sui fiori
lasciati ad appassire,
dimenticati,
attoniti
nella luce incerta della sera.
Mi torna all’improvviso
un’allegria bambina:
per una ragnatela sul muro,
per un riflesso di noi in uno specchio.
Quando mi guardi sono uccello,
verde marea,
scarabeo in bilico su uno stelo.
E l’anima
un coriandolo impazzito.
Pensieri sulla Poesia di Manurela Cerisara
di Sergio Zanone
Benché mi tentino le viole,
schive nella penombra
e m’invochi il nido vuoto delle fragole,
in un vibrare di ramarri
tra le foglie nuove.
Proviene un grido dalle profondità metafisiche di un nido: questo nido è il luogo del vuoto, l' abisso. Semplicemente abisso, immagine reale in un punto del sottobosco circondato dalle foglie germogliate delle (rosse) fragole e delle viole ; intorno al nido, allo schiudersi delle uova sospese e riscaldate dai primi raggi del sole, il movimento: verdicante vibrare di ramarri. La visione appare sospesa sui colori impronunciati e complementari - il rosso ed il verde – evocanti , ed il nominato viola delle viole; abisso luogo del silenzio ed emanazione di delirio. Oppiaceo abisso:
rossa marea
dei papaveri ruggenti.
Movimento apparente, di superficie: ruggire rutilante dei papaveri; il cuore oppiaceo sprofonda nell' oblio : qui sorgono i sogni o, forse, gli incubi. Il grido è stridentemente profumato, si incarna nelle viole attraverso le parole di una lingua sconosciuta:
lo stridere selvaggio delle viole.
Il desiderio dell' oblio è circondato dal movimento del vento, il rovinio del precipitarsi delle cose:
del tarassaco gentile
la testa scarmigliata,
...
il rumore che fa il vento
sopra il lento rovinio della frana...
Esiste una sintonia tra il vibrare dei ramarri, il rumore cha fa il vento sopra il lento rovinio della frana, del tarassaco gentile la testa scarmigliata, la rossa marea dei papaveri ruggenti : la proliferazione della lettera R è il gioco onomatopeico del caos . Possiamo riassumere questi versi trascritti dalle poesie di Cerisara con il verso del salmo 42 (Lamento del levita esiliato):
Un abisso chiama l' abisso al fragore delle tue cascate;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.
La superficie di questo abisso è oceanica; da esso, come dal Tartaro oscuro, l' “enorme voragine” esioidea, emergono i figli del Caos : il Giorno e la Notte.
Vorrei che fosse sempre notte
per dormire e sognarti.
Vorrei che fosse sempre giorno
per cercarti e trovarti.
Ho scritto come da un naufragio:
poco avevo con me,
niente è rimasto.
Giorni e giorni
e notti
(nere notti inestinguibili)
aggrappata
al viscido fantasma delle acque
dentro l’ abisso irreparabile.
Smarrita la speranza di una salvezza promessa dal Dio unigenito e personale, al cospetto degli dei (le proliferazioni psichiche: rigorose schiere di pensieri muti,) persiste e resiste la presenza dell' individuo , l' esperienza dell' abbandono alla solitudine assoluta dell' essere:
Sono uno scoglio
in mezzo alle pallide
onde,
sto con i granchi
dalle chele aguzze
e amo il mio destino,
oh, sì, io amo il mio destino!
...
Sola vorrei
con infiniti echi di silenzio
stare.
Per sempre fuori d’ ogni stanza,
ignota ad ogni dio,
ignara d’universi.
Di mille solitudini compagna,
di rigorose schiere
di pensieri muti,
dentro subacquei
tintinnii di lontananze
avvolta.
Nel fondo di più remoti abissi
dimenticata e persa.
Il destino è un demone : “ Fato demone dell' uomo” (Eraclito). Non è possibile allontanare il calice e la corolla del fiore; il demone divide infatti , ed unisce .
Ma più mi sorprende il cuore
e la sua resa senza condizioni.
...
pure così vigliacco sembra
sottrarsi al destino
e alla battaglia.
Il demone è una parte di noi stessi, costituisce integralmente il carattere e ci indica la via ; certamente una via di dolore. Il demone è il granchio che unisce la parte terrestre e la parte celeste. Al momento del contatto avviene, come un pianto, la liberazione attraverso l' acqua.
Sono così stanca
di questo mare aperto…
E’ venuto il pianto stanotte,
ad un’ora che non aspettavo.
...
Ascolta
come si fa pioggia questo pianto:
...
S’è fatto pioggia il pianto
irriducibile stanotte,
Un' anima antica unisce il passato ed il futuro : essa precede ogni singola esistenza individuale e trascorre attraverso le ere come il filo magico della ragnatela;
Mi torna all’improvviso
un’allegria bambina:
per una ragnatela sul muro,
questa anima antica nomina i figli : è unica e molteplice contemporaneamente. Emanazione : essa amiamo, poiché è parte di noi, perchè ci è madre e figlia. Si chiama Calipso, Medea, Circe.... Miriam, Anna:
Miriam
capelli al vento
dito in bocca
oro e argento.
Miriam
urlo strepito canto,
acqua che scorre
riso e pianto.
Miriam
uccello
che nessuno tiene
vola libero
senza catene !
Miriam
infinito
che niente appaga
figlia
amore
demone
maga.
...
ch’io ti baci
e ti culli
e ti canti
per bandire ogni tristezza dai tuoi occhi,
che già molte più vite hanno vissuto
della sola che ti ho dato.
Di essa parlavano i Greci attraverso il mito della Kore: proviene dal profondo degli inferi e come un fiore sboccia sui prati primaverili. Intimamente unita alla sublime bellezza.
Dalle scale
si vede la luna
in equilibrio
sulla retta infinita
filo teso del telefono
bava di gigantesco ragno.
...
Bocca di luce.
Buco nel cielo.
...
“Anna volava
sopra i tetti delle case”…
Oh sì, quando la fede è provata, quando la fede è smarrita, lo spirito attinge ancora all' origine e regredisce alla fonte del mito pagano attraverso un processo deduttivo, alla luce della ragione: “Quoniam tu flagelas et salvas, deducis ad inferos et reducis” (Libro di Tobia). Il ritorno , se avviene, acquisisce talvolta il valore storico della conversione, come accadde ad esempio a T.S.Eliot e a Daniel Varunjan; oppure, e questo è il caso di Manuela, può manifestarsi come il Risveglio che assume i caratteri eminentemente mistici e quasi orientali degli Haiku.
Muoiono gli ultimi lampi di temporale,
si smorzano sui fiori
lasciati ad appassire,
dimenticati,
attoniti
nella luce incerta della sera.
I Risveglio è il lampo, non si può dire ; la lirica introduttiva rappresenta l' istante attonito che immediatamente consegue; dall' oscurità dello sfondo la visione si è posata sui fiori lasciati ad appassire , dimenticati, attoniti ; i “giardini di Adone”.
da: Increspature
1.
Sorgi dalla memoria
Vieni alla superficie
Io ti sento/
Dimmi di te
Come si scrive il tuo nome
Di quale pennello si avvale il tuo ritratto//
2
Ora più che mai mi capovolgi il senso
scorri verso l’alto
giaci nella tomba verticale
muto e sonoro//
3.
Cade
Dentro una culla di neve
Precipita
Tra il muro e le margherite
Imperative e sole
Sulla macchia verde
Che illude il cuore
Così da primavera intenerito
E reso audace//
da: La casa di vetro
Prima stagione autunno
Le cose cambiano
non serve non volerle nemmeno immaginare
e lì a fissare ciò che non resiste nemmeno l’istante di un
battito
è una domanda o una risposta o una grazia
1.
Il cartello si vede sapete, dice le cose.
Ad esempio “Non calpestate le aiuole”
è un aiuto, una partenza, una buona partenza
dire ciò che è necessario
2.
l’ho tutto raccolto nel palmo
stamattina sul presto
guardare e lasciarmi guardare
molti si spaventano
se non c’è nulla da nascondere, qualcuno vedrete,
si spaventerà
3.
sta diventando normale
non avere una soglia
leggete il cartello e non fate domande, ve l’ho detto,
è tutto qui quel che c’è da vedere